Palombaro

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Storia e Tradizioni

L’Stemma sentinella della maiellaepiteto di “sentinella della Maiella” attribuito a Palombaro risulta particolarmente appropriato e costituisce una chiave di lettura importante per la storia del paese, sia per le notizie delle quali ci sono fonti dirette sia, ancor di più, per quelle che si possono solo ipotizzare.Vista del paese di Palombaro dietro la Maiella
Posto su un colle che ha una direzione parallela alla parte più orientale della “montagna magica” ed in una posizione che sembra effettivamente un posto di blocco per chi vuole ad essa avvicinarsi, Palombaro controlla dall’alto i corsi dell’Avello e del fiume Verde ed i percorsi tratturali ad essi connessi, vie di transito che nell’antichità dovettero essere molto più importanti, dal punto di vista militare ed economico, di quanto non lo siano al giorno d’oggi.
Proprio per questo, l’attività transumante è sicuramente un filone di indagine molto valido da seguire per tentare di dare un volto alla storia remota del territorio oggi compreso nelle pertinenze di Palombaro e di quello ad esso adiacente.
La Preistoria
La ricerca recente sta permettendo di individuare, nel territorio montano di Palombaro come del resto in tutta la Maiella, segni che dimostrano la presenza di una civiltà preistorica sul Pater montium. Da essi si potranno ricavare elementi che accresceranno di molto le conoscenze sugli albori della vita dell’uomo.
Le popolazioni che, dai 660 ai 4000 anni fa, giunsero in Abruzzo dai Balcani diedero agli autoctoni conoscenze sia per lo sviluppo dell’agricoltura sia per la pratica della pastorizia e della transumanza, dando così il via quella specializzazione economica del territorio che è stata la fonte dominante di sostentamento sino al secolo scorso.
La fusione permise una rapida evoluzione culturale, specialmente nel campo dell’arte (pittura, scultura, architettura).
Sinora sulla Maiella sono ancora poche le testimonianze conosciute di paleoarte, ma alcune scoperte recenti fanno legittimamente ipotizzare che la Maiella sia un immenso scrigno di tesori artistici.Di questi, il territorio di Palombaro è ricchissimo.
La Storia Antica
A partire dal X-IX sec. a. C. inizia la prima fase della civiltà italica sulla Maiella e sul territorio che la circonda. Tipica struttura di questo periodo è il centro fortificato megalitico, costruito su pianori di altura per presidiare l’accesso ai pascoli.
Di tale struttura sono state rinvenute tracce in  molte parti della Maiella.
La natura del territorio e la posizione strategica del sito permettono di affermare, anche in assenza di ritrovamenti specifici, che uno di questi centri fortificati si trovava sulla piana d’Ugni, dove si è registrata per molti secoli una continuità di vita fondata principalmente sul controllo del traffico transumante. Dal VI sec. a. C. la Maiella e la zona circostante furono occupate, ad ondate successive, da alcune tribù di stirpe sabina (Lazio, Rieti), chiamate Sanniti Carricini. Il territorio che si estende da Bocca di Valle alla parte più meridionale della montagna magica divenne la sede di una delle tribù più piccole, i Carricini (popolo delle rocce). ToutoDi questa popolazione abbiamo poche testimonianze documentali ed epigrafiche. Sappiamo solo che il suo touto (unità politica e amministrativa) era diviso in due pagi (sottounità amministrative, come le nostre province) i cui centri principali erano Cluviae (parte meridionale di Piano Laroma, a confine tra Palombaro e Casoli) e Juvanum (in territorio di Montenerodomo); intorno a questi centri maggiori sorgeva un numero variabile di vici (villaggi di pianura o di media collina) e di oppida (centri montani fortificati). Uno di questi era certamente costruito sull’attuale piana (di) Martino, per sovrintendere alla ricca attività pastorale che, per arrivare ai floridi pascoli del Martellese e d el monte d’Ugni, aveva come passaggio obbligato l’imbocco della valle di Palombaro.In questa parte della montagna c'era un grande complesso culturale, composto da numerosi, naturali, ripari sottoroccia e da caverne artificiali; molto probabi lmente in questi luoghi, secondo il costume dei Sanniti venivano adorati tutti i loro dèi.I più importanti erano Iuveis (Giove), Mamerte (Marte), Kerres (Cerere), Anter Statai (Stata Mater); Ammaí Kerriiai (Maia, dea italica della primavera); Liganakdikei Entrai (divinità legata alla vegetazione ed ai frutti); Hereklui Kerriiui (Ercole); Pernai Kerriiai (Pales, la dea dei pastori), F luusai (Flora, protettrice dei germogli).Il centro rituale di tutto il complesso religioso si trovava nel grande riparo sottoroccia oggi denominato grotta S. Angelo. A partire dal sec. IV a. C. cominciò la romanizzazione del territorio, che avvenne non senza violenti s contri ed eccidi da una parte e dall’altra. Alla fine, seppure con riottosità ogni tanto risorgente, i Carricini si amalgamarono con Roma e la sua civiltà e mantennero la loro identità almeno fino al IV sec. d. C.
Lastra bronzea rinvenuta a San SaqlvoLastra bronzea rinvenuta a San Salvo, con incisione di un decreto dell'assemblea municipale di Cluviae per il conferimento del patronato ad Aurelius Evagrius Honorius nel 384 d.C.
La Storia Medievale
Dopo la caduta dell’impero romano, per un lunghissimo lasso di tempo non si hanno più notizie sulle vicende del territorio di Palombaro.
Ugni viene menzionata per la prima volta nel IX sec. d. C., Palumbarium tra la fine del sec. X e l’inizio del sec. XI.
La fondazione del paese è da abbinare alla chiesa, ormai completamente diruta, di S. Angelum in Palumbara, eretta nel sito dell’attuale cimitero.
Sulle vicende di un lungo periodo della storia del paese si hanno poche notizie: i feudatari sono stati Berardo di Palumbario (o de Quadris) e Gentile di Cerasolo d’Ugni (1238); Abamonte de Letto, Guglielmo Cerasolo di Ugni e Berardo (di Lama?) (1279); Consalvo di Cordova; famiglia d’Ugni (1506 – 1645); famiglia Cotugno (1645 – II metà del XIX secolo); famiglia Castiglione di Penne fino all’eversione della feudalità (1806).
Nell’ambito della storia feudale, prendendo lo spunto dall’eccidio reale di Francesco Antonio d’Ugni nel 1658, nacque la leggenda che interpretava l’omicidio come una reazione di un giovane, Garofalo, al tentativo del barone di esercitare lo jus primae noctis nei confronti della sua sposa.
Particolarmente gravi furono le conseguenze della pestilenza del 1656, che dimezzò la popolazione di Palombaro. Un’altra leggenda dice che, per seppellire i morti, era stata creata una grande fossa comune; i malati sul punto di morire si recavano in quel luogo, gettavano dentro la fossa i cadaveri che vi trovavano, si sedevano sul bordo in attesa che coloro che sarebbero morti subito dopo  ripetessero con loro quel pietoso rito.
 

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